“Lavoro all’estero e sono residente in Italia. Quante tasse devo pagare ed a chi?”
Durante l’attività sindacale, ci pervengono i più svariati quesiti, a cui cerchiamo, come sempre, di dare delle risposte. Uno di questi ha riguardato un argomento che coinvolge parecchio i nostri giovani che non riescono a trovare lavoro nel nostro Paese, a causa di una classe politica che, da oltre 30 anni, si è dimostrata incapace, corrotta ed egoista, e che sta continuando su questa linea ancora oggi, costringendo intere generazioni a cercare lavoro all’estero, dove i nostri giovani vengono apprezzati per le loro capacità e per la loro importante formazione, sebbene l’istruzione continua ad essere il fanalino di coda a causa dei governi che nel corso di questi anni hanno cercato di abbassare il livello culturale della Popolazione, per poter “imperare”. Ricordiamo un intervento emblematico di qualche anno fa, in cui un ex ministro, senza vergogna, affermò “….la cultura non si mangia….” , una frase che suscitò grande sdegno nel Paese ed alla quale chi scrive ebbe anche occasione di rispondere per le rime in alcuni eventi Nazionali.
Ma veniamo all’argomento oggetto del presente articolo che, naturalmente, non ha carattere di esaustività, ma si pone l`obiettivo di dare delle informazioni basilari, attesa una articolata normativa, che sarà illustrata nella maniera più organica possibile, necessaria per evitare una doppia imposizione sul reddito prodotto all’estero dal Lavoratore residente in Italia. Bisogna individuare il tipo di lavoro ed il tipo di reddito conseguito e fare riferimento a documenti bilaterali tra Paesi che stabiliscono le regole impositive su detti redditi. I documenti bilaterali, cioè le Convenzioni firmate per evitare di penalizzare i Lavoratori con le doppie imposizioni. Il caso che ci è stato prospettato riguarda un Lavoratore residente sul nostro territorio e funzionario presso una Società Maltese. Vi è da dire che con Malta opera un Convenzione firmata a La Valletta il 16 Luglio 1981, la quale ha durata indefinita e nella quale si sono stabilite le regole di facoltà impositiva dei due Stati su redditi prodotti in Italia da Cittadini Maltesi ed a Malta da Cittadini Italiani, al fine di evitare una penalizzazione del lavoratore, come dicevamo in precedenza, ma anche per non penalizzare, allo stesso tempo, entrambi gli Stati contraenti. Secondo il TESTO UNICO DELLE IMPOSTE SUI REDDITI – T.U.I.R., ogni Cittadino residente in Italia, per il criterio sulla tassazione mondiale (artt. 3 e 6 T.U.I.R. - D.P.R. 917/86), è soggetto a tassazione sui redditi ovunque prodotti e che possono essere di qualsiasi natura, spaziando da quella finanziaria, fondiaria, autonoma o d’impresa e fino ad arrivare al Reddito di lavoro dipendente su cui focalizziamo la nostra attenzione nel presente articolo. Necessario dire che, nei casi di detti redditi da lavoro dipendente o assimilati, la normativa Italiana si sovrappone a quella dello Stato in cui tale reddito viene prodotto, creando ciò che è maggiormente temuto dal soggetto che li produce, cioè la doppia imposizione giuridica, alla quale viene in soccorso il criterio delle RETRIBUZIONI CONVENZIONALI stabilite anno per anno dal Ministero del Lavoro insieme al MEF ed il numero di giorni dell’anno, se più o meno di 183 giorni di prestazione estera. L’analisi dovrà essere effettuata caso per caso, in quanto può verificarsi anche il caso di doppia residenza e cioè che lo Stato in cui viene prodotto il reddito potrebbe considerare il Lavoratore quale residente giuridicamente, configurando una doppia residenza. Quì interviene la Convenzione fiscale dell’OCSE che all’art. 4 prevede le c.d. “Tie Breaker Rules”, cioè i criteri per determinare dove la persona ha un’abitazione permanente, dove ha i suoi interessi vitali, dove abitualmente soggiorna e quale cittadinanza abbia. Se neanche con la Convenzione OCSE si riesce a determinare in maniera certa la residenza ed il Lavoratore è residente fiscalmente in Italia, si farà riferimento alle RETRIBUZIONI CONVENZIONALI da considerare quali imponibili nel caso di oltre 183 giorni di lavoro estero, procedendo alla tassazione, quindi, di un reddito figurativo sulla base della RETRIBUZIONE CONVENZIONALE. Questi criteri non operano per le trasferte e le RETRIBUZIONI CONVENZIONALI non concedono deroghe alla retribuzione effettiva prodotta per quanto riguarda il pagamento dei contributi previdenziali, potendo, in base ad una pronuncia della Cassazione del 2016, essere utilizzate solo per Paesi che sono al di fuori della Unione Europea e che non hanno firmato convenzioni con l’Italia o tali convenzioni operino parzialmente. Ma vediamo il caso di svolgimento di attività di lavoro dipendente per meno di 183 giorni, per il quale sarà valido il criterio della RETRIBUZIONE CONVENZIONALE, ma è necessario per evitare la doppia tassazione, nel momento in cui lo Stato estero volesse assoggettare a tassazione le retribuzioni, che, ove presente, si faccia riferimento alla Convenzione bilaterale con l’altro Stato, che prevale su tutte le altre norme, per proporzionare l’imposizione, anche facendo riferimento alle istruzioni del Modello REDDITI PF che ogni anno sono messe a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.
© Vincenzo Bottiglieri – Coordinatore USB PENSIONATI Salerno